(27 novembre 2012)
Stavo giusto pensando da qualche minuto che se continuava così avremmo preso un gol, quando ho visto con terrore un folletto del Parma partire dalla sua metà campo palla al piede. Per me fino a quel momento era un nesci, un Carneade qualsiasi, e infatti ci avevo quasi azzeccato, in termini epici e classici. Non un Carneade ma piuttosto (un) Sansone che, nient’affatto morto, in una cavalcata solitaria si è trascinato tutta una difesa nerazzurra quasi che fosse composta da stolidi filistei fino ad arrivare al limite e tirare una sassata andatasi poi tristemente (e puntualmente, come succede in questi casi) ad infilare alla destra del nostro Samir, che davvero (o quasi) non ci poteva fare niente, se non restarci basito.
Tutta la partita del Tardini, in fondo, si può concentrare in questo gesto avversario davvero di pregio, ché noi abbiamo fatto poco o niente per farla girare nel verso contrario. O meglio, abbiamo girato e molto, ma in tondo e quasi senza costrutto, e quando si gioca così spesso finisce com’è finita: a casa, con le pive nel sacco e buttando al vento (ancora una volta di più) l’occasione d’oro per agganciare quasi del tutto i bucanieri che stanno là davanti.
Andando per un attimo oltre l’analisi emozionale, direi che la responsabilità deriva proprio dalla – neanche troppo lontana – vittoria di Torino sui suddetti bucanieri in casacca bianconera: un evento fausto, ma che ci ha sfiancato dopo una rincorsa obiettivamente lunga e invero faticosa, e proprio nel momento in cui si poteva anche vivere un po’ di conserva prima di scatenare l’attacco decisivo. Quel momento poteva comunque covare ancora per un bel po’, perché la strada davanti era (ed è) ancora lunga; invece, come già la nostra storia altre volte ha detto, dalla settimana dopo ci siamo sgonfiati come un sufflè appena cavato dal forno. Sarà forse per eccesso di fiducia nei propri mezzi, oppure per malinteso senso del potere dato frettolosamente per riacquisito, ma sta di fatto che è successo. Io penso anche, più semplicemente, che qualcuno dei nostri ragazzi si sia un po’ montato la testa, e abbia pensato che il campionato è da considerarsi alla stregua di un pranzo di gala o di una passeggiata da compiere trotterellando la domenica pomeriggio, quando anticipo o posticipo non comandano diversamente. Se fosse così, la prova d’immaturità evidenziata sarebbe grottesca e davvero buona per lasciare poco spazio alle speranze future, se non si cambia la testa e anche la coda.
Del resto, di prove d’immaturità stiamo anche vivendo, in queste ultime giornate. Atletiche e tecniche, che vanno da Alvarez e Coutinho, per arrivare fino a Guarin (la rete subita a Parma è colpa sua, dispiace dirlo) e addirittura a Juan Jesus, che Biabiany non lo ha visto nemmeno con il binocolo per novanta più recupero, manco quello fosse un misto fra Jair e Garrincha, e ce ne vuole per farmi dire questo (e preferisco dimenticare che era nostro, e lo abbiamo mandato in esilio senza pensarci troppo su). Qui ho citato gli immaturi “presenti”, ma quelli desaparecidos non sono certo da meno; a parte infortunii che perdurano oltre ogni immaginazione (cito solo Stankovic e Chivu: si può sapere, di grazia, cos’hanno davvero e che fine hanno fatto?) penso ad Alvaro Pereira, che la faccina da clown triste ha fatto solo per un attimo capolino nei frames televisivi provenienti d Parma, prima di immaginare io il suo ritorno in panchina (quello ce lo hanno risparmiato) per arrivare – tralasciando altri – a Sneijder, che merita un discorso a parte. Infatti, si sta discutendo proprio in queste ore del suo possibile “spalmare” d’ingaggio, quando ormai lui risulta comodamente spalmato in poltrona da tempo, avendo lasciato la squadra al suo destino senza quasi curarsene più. Diciamocelo, una volta per tutte: quello che il Wes ha saputo regalarci negli ultimi due anni sono quasi solo le immagini di un matrimonio da operetta, con vestito e tuba in improbabile completo bianco e carrozza tirata da cavalli in tinta, con contorno da set di reality (e purtroppo era invece reale, a tutti gli effetti) che farebbe ridere anche se ambientato nelle soap opera del quarto mondo. Niente, assolutamente niente di più, questa ex nostra grande speranza ha messo in mostra in nessuno dei campi di calcio, peraltro raramente calcati nello stesso periodo. Più che la spalmatura, quindi, io gli offrirei la porta girevole: lui in uscita, e un altro grandissimo pezzo della nostra storia, invece, di nuovo in entrata. Infatti, proprio in contemporanea con le notizie su Sneijder in rotta di collisione con la società, è arrivata quella del compimento del sessantesimo compleanno del Lele Oriali, una vita da mediano in campo e da grandissimo uomo e dirigente fuori da quello. Ecco la proposta: a casa il primo, e ritorno a casa per il secondo che di danni non ne ha mai fatti, e invece ha dato lustro al nostro blasone, e da quarant’anni rappresenta un esempio di serietà e rettitudine quasi senza pari. In fondo, ammettere di aver fatto un errore nel cacciarlo è meglio che lasciarlo sull’Aventino, e ne godremmo anche in termini di managerialità e consigli utili per gli acquisti nell’immediato futuro. Abita a Desio, il nostro Piper, e il mio… desìo sarebbe quello di rivederlo presto dalle nostre parti, finalmente. Ci guadagneremmo in credibilità, e magari faremmo anche qualche figura barbina in meno, in prospettiva. In fondo, di filistei abbiamo da tempo e tempo fatto il pieno, e adesso sarebbe ora di trovare altri Zanetti e Cambiasso davvero buoni per il ricambio. Ci siamo riusciti con questi due atleti fantastici, quindi perché dovremmo continuare ad accontentarci di comparse o quasi controfigure loro, mai del tutto convincenti? Non si aspettano risposte, ma almeno qualcuno potrebbe ragionarci sopra. O no?
http://blog.panorama.it/amala/2012/11/27/parma-inter-fra-filistei-desaparecidos-e-piper-di-ritorno/
I commenti sono chiusi.